Onorevoli Deputati! - 1. La legge 25 luglio 2005, n. 150, è una legge di delegazione la cui parte principale era destinata a realizzare i presupposti per l'emanazione di una nuova disciplina dell'ordinamento giudiziario mediante la redazione di un testo unico nel quale, una volta completata l'emanazione dei decreti legislativi da essa previsti, sarebbero stati riuniti i relativi testi, e tutte le altre disposizioni legislative relative alla materia che fossero a quel momento vigenti (articolo 2, commi 19-21). L'operazione avrebbe portato all'adozione di una nuova legge generale sull'ordinamento giudiziario che avrebbe dovuto sostituire il regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e le leggi che l'hanno successivamente modificato e integrato, in attuazione della VII disposizione transitoria della Costituzione (il cui primo comma stabilisce che «fino a quando non sia emanata la nuova legge sull'ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell'ordinamento vigente»).
La legge n. 150 del 2005 ha trovato parziale attuazione mediante l'approvazione dei decreti delegati da parte del Governo. Essa ha avuto un iter molto tormentato, tanto che è stata promulgata dopo che il precedente testo legislativo, approvato il 1o dicembre 2004, era stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, il quale vi aveva ravvisato disposizioni in contrasto con la Costituzione; la normativa aveva inoltre suscitato
3. Da una impostazione di fondo, che in base allo Statuto albertino si occupava dell'ordine giudiziario con pochi princìpi derogabili attraverso l'utilizzazione della legge ordinaria, in considerazione del carattere flessibile di tale Costituzione, e che prefigurava una magistratura composta da funzionari nominati dall'esecutivo, reclutati soltanto parzialmente tramite concorso, con una quota di nomine politiche, si passò poi con la riforma Zanardelli del 1890 - regio decreto 30 giugno 1889, n. 6133 - alla previsione di un unico metodo di selezione tramite concorso, salva la ridotta previsione di nomine politiche per «meriti insigni».
Il primo testo che disciplinò compiutamente l'«ordinamento giudiziario» fu dunque il regio decreto 6 dicembre 1865, n. 2626, in base al quale veniva costituito un corpo di magistrati di carriera nominati dall'esecutivo e dotati di uno status che solo nominalmente ne garantiva l'indipendenza, esclusi peraltro i magistrati del pubblico ministero che erano posti alle dipendenze del Ministro della giustizia, legame istituzionale che fu sciolto soltanto nel 1946.
Questa architettura ordinamentale si ispirava al modello francese realizzato da Napoleone con la legge del 1810 sull'ordinamento giudiziario.
Le prime modifiche alle caratteristiche «imperiali» dell'ordinamento giudiziario del 1865 intervennero con la riforma Orlando del 1907 - legge 7 marzo 1907, subito trasfusa nel testo unico di cui al regio decreto 17 agosto 1907, n. 638, e relativo regolamento di cui al regio decreto 17 agosto 1907, n. 641 - in cui cominciarono ad essere introdotte caratteristiche ordinamentali, coerenti con i princìpi del costituzionalismo, particolarmente sensibili al rafforzamento dell'indipendenza dei magistrati e del loro status professionale. L'avvento del fascismo al potere riportò la situazione sostanzialmente allo statu quo ante; la disciplina della magistratura
4. Il presente disegno di legge viene dunque adottato per modificare, secondo criteri modulati all'interno di un coerente sistema di riforma, i decreti legislativi emanati in attuazione della citata legge n. 150 del 2005; in quest'ottica, l'intervento si muove nella prospettiva di una
5. Per quanto riguarda l'intervento di modifica relativo al decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, lo stesso è dettato dalla necessità di cambiare le regole in materia di accesso alla magistratura; si è così inteso definire una serie di questioni rimaste irrisolte anche dopo l'approvazione del suddetto decreto. È stato ritenuto necessario apportare alcune innovazioni al sistema dell'accesso, affrontando adeguatamente due antiche questioni; così gli interventi sono stati finalizzati a superare gli inconvenienti legati alla eccessiva lunghezza delle procedure concorsuali, rallentate dall'elevato numero dei partecipanti, e alla scarsa adeguatezza di prove scritte di taglio prevalentemente teorico, con l'introduzione anche di una prova di carattere pratico. Si è ritenuto poi importante potenziare la commissione perché solo così si può ragionevolmente pensare a un contenimento dei tempi di espletamento delle procedure concorsuali.
L'ulteriore obiettivo perseguito, attraverso l'abrogazione della relativa disciplina, è stato quello di superare le potenziali disfunzioni create dall'obbligatorietà dell'indicazione dell'area funzionale, giudicante o requirente, cui essere assegnati dopo il concorso, e dalla previsione del colloquio psico-attitudinale nell'ambito delle prove orali.
Nella proposta di riforma si è configurata, così, una tipologia di accesso strutturata in gran parte sulla falsariga di un concorso di secondo grado tendenzialmente omogenea a quella stabilita per le altre magistrature; è stata prevista l'ammissione al concorso ordinario, oltre che in ragione dell'appartenenza ai ruoli dei procuratori dello Stato, anche per la partecipazione ai corsi delle scuole di specializzazione cosiddette Bassanini, e a seguito del pregresso esercizio, per un congruo periodo, di funzioni giudiziarie onorarie; si è ritenuto opportuno riconoscere un valore di ammissione al concorso anche ad esperienze, se pur in parte eterogenee rispetto alla professione di magistrato, comunque caratterizzate dall'esercizio di specifiche pubbliche funzioni, come per i funzionari della carriera direttiva della pubblica amministrazione e per i docenti in materie giuridiche tra il personale di ruolo delle università; la considerazione della presenza di una comune humus culturale è stata ritenuta condizione necessaria e sufficiente per una previsione analoga in favore degli avvocati con almeno tre anni di iscrizione all'albo professionale. È stata poi prevista una tipologia di ammissione al concorso, rispondente alla finalità di reclutare i migliori fra i neo-laureati; è stata così disciplinata per coloro che si sono laureati con un punteggio non inferiore a centosette su centodieci, come voto finale di laurea, e con una media di ventotto trentesimi, rispetto ai voti degli esami sostenuti, la possibilità di partecipare immediatamente al concorso per l'accesso in magistratura. Questa scelta, che appare eccentrica rispetto alla tipologia di un concorso di secondo grado, in realtà trova la sua giustificazione, oltre che nel già ricordato obiettivo di reclutare i migliori fra i laureati, anche nel fatto che il corso di laurea in giurisprudenza è ormai strutturato su cinque anni e che, tra le prove del concorso, è stata introdotta anche una quarta prova pratica che indubbiamente obbliga qualsiasi partecipante ad una preparazione in ogni caso non esclusivamente teorica. Il metodo prescelto è sembrato quello più idoneo per evitare irragionevoli disparità di trattamento, ipotizzabili con l'esclusivo riferimento al voto di laurea, in considerazione dell'elevato numero delle facoltà universitarie e della disomogeneità di valutazione e determinazione del punteggio finale di laurea; sono stati così presi in considerazione anche altri fattori, quali la media dei voti ottenuti nella carriera universitaria nelle materie oggetto del piano di studio, in modo da ridurre al massimo il rischio di iniquità.
6. Vengono introdotte modifiche anche per quanto concerne la disciplina in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati. Il decreto legislativo n. 160 del 2006 prevede una netta ripartizione delle funzioni di merito e di legittimità e una rigida distinzione tra funzioni giudicanti e requirenti: la farraginosità del sistema, la scelta di una costruzione piramidale della carriera dei magistrati, la scelta di fatto operata per una distinzione delle funzioni assimilabile ad una separazione delle carriere, il sistema di valutazione per titoli ed esami, scollegato da un reale obiettivo di valutazione della professionalità funzionalizzato all'efficienza, hanno reso necessario abolire quel quadro normativo in quanto intrinsecamente non emendabile. Nel configurare la nuova disciplina si è partiti dalla constatazione che il sistema di valutazioni della professionalità anteriore alla legge n. 150 del 2005 deve essere considerato non più adeguato, e quindi da riformare, per due prevalenti ragioni:
a) la professionalità del magistrato, nella sua ricchezza di conoscenza tecnica, di capacità nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e giurisdizionali, di consapevolezza del ruolo e di responsabilità professionale, non può più essere affermata per presunzioni e solo in occasione dei passaggi di qualifica troppo distanziati o di incarichi specifici;
b) il meccanismo è insufficiente ad attuare un reale vaglio delle specifiche capacità, delle doti e delle attitudini richieste per l'esercizio delle diverse funzioni che possono essere svolte nella sua vita professionale.
Si è dunque prefigurata una nuova struttura delle valutazioni, con verifiche ogni quattro anni, con riferimento ai tempi, alle fonti di conoscenza, ai parametri, alla legittimazione e alle conseguenze in caso di riscontrata inadeguatezza.
Si è disegnato un sistema che sgancia la progressione economica da quella delle funzioni (prevedendo una progressione economica condizionata esclusivamente dal superamento delle valutazioni di professionalità) perché solo in questo modo si può stimolare la permanenza di magistrati esperti e specializzati nelle funzioni di primo grado. È stata conservata la possibilità di transitare dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti e viceversa prevedendo che il cambio di funzioni è possibile solo mutando distretto ed è subordinato ad una reale verifica delle attitudini. Saranno oggetto di valutazioni periodiche anche le capacità organizzative e le attitudini agli incarichi direttivi prevedendosi la temporaneità delle funzioni direttive. È stata introdotta, inoltre, la temporaneità di tutte le funzioni (con una forbice compresa tra gli 8 e i 15 anni).
Nel sistema che si propone sono ben delineati i parametri di valutazione delle attitudini, delle capacità e dell'impegno del magistrato secondo ben precisi indicatori sulla qualità e sulla quantità del lavoro giudiziario, con conseguenti vagli professionali più approfonditi e rigorosi nel passaggio da una funzione a un'altra. In questa prospettiva anche l'analisi delle capacità organizzative e dell'attitudine agli incarichi direttivi è diventata elemento costante della valutazione periodica, da riprendere e da approfondire in occasione della valutazione specifica richiesta per il conferimento di un incarico direttivo, nella prospettiva ormai acquisita della temporaneità delle funzioni direttive. In tal senso si sono ridotti il peso e il valore specifico da attribuire all'anzianità, trasformata sostanzialmente da criterio di valutazione unicamente in criterio di legittimazione per concorrere a determinati posti direttivi.
In attuazione delle sentenze della Corte costituzionale del 10 maggio 1982, n. 86 e n. 87, le funzioni di legittimità, per essere distinte nella Costituzione da quelle di merito, saranno conferite non solo in base al criterio di anzianità, bensì mediante l'accertata sussistenza di specifiche attitudini ad esercitarle. Sono stati, infine, previsti interventi in caso di riscontrata inadeguatezza professionale del magistrato valutato, modulati in modo differenziato,
7. È stato poi ritenuto necessario un intervento innovativo sulla Scuola superiore della magistratura. Il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, ha istituito una struttura stabile incaricata di occuparsi in maniera continuativa delle esigenze formative e di aggiornamento per il personale di magistratura e, su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, anche di una parte del tirocinio dei magistrati in attesa del conferimento delle funzioni giurisdizionali. Tale distinzione deve essere osservata trattandosi di un'attività intimamente connessa con la valutazione da operarsi per la conferma in ruolo dei vincitori di concorso e, come tale, riservata al solo Consiglio superiore. È una scelta che si condivide, ma le modalità di realizzazione non appaiono adeguate al raggiungimento di questi obiettivi, anche perché alla Scuola sono stati attribuiti funzioni e compiti anche di carattere formativo e valutativo, in relazione alla partecipazione dei magistrati ai corsi di aggiornamento, che rischiano di snaturare l'attività della formazione, orientandola piuttosto verso la progressione in carriera e la preparazione e lo svolgimento dei concorsi. Con l'intervento proposto si è ricollocata l'attività della Scuola nell'ambito suo proprio dell'attività della formazione iniziale, complementare e permanente e di riconversione a seguito del passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa, prevedendo altresì una struttura più agile per il perseguimento degli obiettivi formativi. A tal fine è stata prevista una ubicazione decentrata, in tre sedi, nord, centro e sud, ove verranno svolte le attività di formazione; è stato poi organizzato un meccanismo procedurale al servizio dell'attività di formazione che sia comunque in grado di recepire tutte le istanze e i bisogni formativi del corpo dei magistrati e, al contempo, di fornire una risposta tempestiva e adeguata.
Sono stati introdotti alcuni elementi di novità anche nella prospettiva di una integrazione delle varie realtà giurisdizionali in ambito europeo e per rimanere in linea con le prospettive di modifica dei decreti relativi alle modalità di accesso in magistratura e di progressione in carriera, cui l'attività della Scuola è stata prevista come necessariamente funzionale. E poiché è maturata una opzione verso l'obbligatorietà della formazione, il disegno di legge prevede che tutti i magistrati frequentino almeno un corso di formazione ogni quattro anni. Una particolare attenzione è stata rivolta ai magistrati nei primi anni di servizio per i quali si è, invece, previsto un obbligo di frequentare almeno un corso di formazione-aggiornamento ogni anno per i primi quattro anni dopo il conferimento delle funzioni.
8. Il presente disegno di legge apporta modifiche anche al sistema dell'autogoverno della magistratura, sistema nel quale sono ormai strutturalmente inseriti i consigli giudiziari e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, modificando il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, oltre che alcuni aspetti dell'organizzazione dello stesso Consiglio superiore della magistratura, con la modifica della legge 24 marzo 1958, n. 195. Per quanto riguarda i consigli giudiziari e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, i punti del decreto legislativo oggetto dell'intervento di riforma, riguardano: il sistema elettorale; la semplificazione delle procedure di funzionamento attraverso l'eliminazione della qualità di collegi perfetti, con la consequenziale eliminazione della figura dei supplenti; l'aumento del numero dei componenti; la possibilità di deliberare a maggioranza dei presenti computando anche i membri di diritto; l'introduzione di
9. Si è poi intervenuti sulla legge istitutiva del Consiglio superiore della magistratura ricostituendo il numero dei componenti eletti in trenta unità, venti togati e dieci laici, secondo le proporzioni esistenti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 28 marzo 2002, n. 44, e si è ridisciplinata la composizione della segreteria e dell'Ufficio studi del Consiglio superiore della magistratura, prevedendo che il Consiglio continui ad avvalersi dell'opera di magistrati per la segreteria e per l'Ufficio studi, mantenendo l'indispensabile supporto tecnico-professionale specifico, la cui necessità era affermata dalla sua stessa legge istitutiva, al fine di renderne più efficiente l'attività, anche in considerazione del rilevante aumento delle sue competenze in materia di valutazione di professionalità.
L'esigenza di procedere all'aumento del numero dei componenti è stata confermata dalla disfunzionalità delle modalità con le quali era stata determinata la composizione della sezione disciplinare, con particolare riguardo all'individuazione dei membri supplenti. Il meccanismo delle incompatibilità, infatti, si è rivelato insuperabile, giacché il numero di supplenti previsto, con riferimento alle diverse categorie, ha dimostrato presto la sua inadeguatezza. Solo grazie all'intervento della Corte costituzionale è stato possibile nominare altri supplenti.
Con sentenza 22 luglio 2003, n. 262, la Corte costituzionale, infatti, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4, terzo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195, nel testo modificato dall'articolo 2 della legge 28 marzo 2002 n. 44, nella parte in cui non prevedeva l'elezione da parte del Consiglio superiore della magistratura di ulteriori membri supplenti della Sezione disciplinare «in modo da consentire la costituzione, per numero e categoria di appartenenza, di un collegio giudicante diverso da quello che abbia pronunciato una decisione successivamente annullata con rinvio dalle Sezioni unite della Cassazione».
La stessa Corte ha sottolineato che l'attribuzione del potere disciplinare a «una composizione più ristretta costitutiva della Sezione disciplinare (...) non dà vita ad un organo autonomo dal Consiglio stesso, né a forme di frazionamento del potere, di cui il Consiglio è e resta unico titolare», e ha concluso che «sussiste un interesse costituzionalmente protetto a che il procedimento stesso, comunque configurato dal legislatore ordinario, si svolga in modo tale da non ostacolare l'indefettibilità
10. L'intervento sul decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, sull'individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonché sul decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della giustizia, nasce dall'esigenza di apportare una serie di modificazioni alle previsioni di attuazione della legge delega 25 luglio 2005, n. 150, in base alla quale erano prefigurate:
a) la creazione di strutture amministrative regionali o interregionali quali organi decentrati del Ministero;
b) la creazione dell'ufficio del direttore tecnico presso 4 dei 26 distretti;
c) la definizione delle specifiche attribuzioni del dirigente amministrativo e il suo rapporto con il magistrato preposto all'ufficio giudiziario.
Si è ritenuto opportuno precisare, con maggiore attenzione, i compiti e le funzioni attribuiti, rispettivamente, al capo dell'ufficio giudiziario e al dirigente amministrativo presso il medesimo ufficio.
La puntuale ricognizione dei compiti attribuiti ha, da un canto, lo scopo di chiarire gli ambiti di competenza spettanti a ciascuno di essi, al fine di evitare possibili sovrapposizioni o conflitti e, dall'altro, di garantire la direzione unitaria dell'ufficio giudiziario, nella persona del suo capo, anche rispetto all'attività di amministrazione dei servizi strumentali rispetto all'esercizio della giurisdizione.
Particolare importanza ha la fissazione del termine del 30 giugno di ciascun anno entro il quale i titolari degli uffici giudiziari dovranno elaborare, d'intesa con il dirigente preposto all'ufficio delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie, il programma delle attività annuali.
La trasmissione del programma al Ministero della giustizia entro tale termine consentirà, infatti, al Ministro di quantificare preventivamente gli oneri finanziari relativi agli stanziamenti necessari per ciascun ufficio giudiziario, nell'anno di riferimento della legge finanziaria in corso di approvazione, con un generale potere di intervento a cascata dei dirigenti degli uffici a competenza nazionale o del distretto nei casi in cui, rispettivamente, i secondi o i dirigenti degli uffici circondariali non provvedano ad adottare tempestivamente il programma annuale o le necessarie modifiche.
La nuova soluzione proposta individua nel coinvolgimento e nella motivazione di tutti gli operatori nell'individuazione degli obiettivi, nonché nella definizione del bud- get e delle soluzioni più adeguate al raggiungimento del risultato il modello organizzativo più adeguato tendente, tra l'altro, a rendere residuale la ricorrenza di conflitti, pur confermando la responsabilità del capo dell'ufficio. Solo di fronte alla perseveranza del conflitto si è previsto di affidare al presidente della corte d'appello o al procuratore generale presso la medesima corte un potere sostituivo residuale di intervento, sentiti il titolare dell'ufficio e il dirigente.
In presenza di sopravvenute esigenze, il programma annuale può essere modificato dal titolare dell'ufficio giudiziario, sentiti i magistrati titolari di funzioni semidirettive e il dirigente. Di tale programma e del sottostante modello organizzativo il capo dell'ufficio tiene conto anche ai fini della predisposizione del progetto tabellare.
Si è ritenuto opportuno procedere alla soppressione dell'ufficio del direttore tecnico che costituiva una duplicazione della struttura decentrata. Allo stesso modo si sono superate con la nuova formulazione le incertezze relative alla ripartizione di competenze tra amministrazione centrale e strutture decentrate, cercando di assicurare il miglior risultato dell'azione amministrativa.
11. Sono previsti, inoltre, vari interventi sulla disciplina del collocamento fuori ruolo e sul ricollocamento in ruolo dei magistrati; sull'ordinamento giudiziario per coordinare la nuova disciplina con quella vigente; sulla nomina dei dirigenti degli uffici giudiziari e su altre disposizioni di legge con riformulazioni e abrogazioni, sempre al fine di attuare una armonizzazione del sistema nel suo complesso.
12. In particolare, per quanto riguarda la nomina alle funzioni direttive si è ritenuto necessario provvedere ad adeguare le scarne norme del regio decreto n. 12 del 1941, rimaste ancorate a un modello professionale di magistrato segnato da una sostanziale indifferenza per le capacità organizzative, essendo negli anni maturata la consapevolezza circa la necessità di riservare una particolare e spiccata attenzione per il profilo organizzativo-funzionale degli uffici giudiziari, e quindi circa l'importanza strategica della figura dei dirigenti in un disegno complessivo di buon funzionamento del servizio giustizia.
Rispetto alle regole legislative sulla nomina dei dirigenti che si limitavano a prevedere i tradizionali, e poco significativi, parametri dell'attitudine, del merito e dell'anzianità, si è predisposto un quadro normativo nel quale, pur conservando un valore al criterio dell'anzianità, si sono notevolmente accentuati quegli aspetti capaci di legare la scelta al possesso di specifici elementi di professionalità nella gestione e nell'organizzazione.
Si è, infatti, prevista la frequenza di specifici corsi di formazione presso la Scuola superiore della magistratura in vista dell'assunzione di incarichi direttivi, di cui è stata conservata la natura temporanea, di modo che il titolare non solo venga valutato al termine di ciascun periodo ma che, alla scadenza dello stesso, non vi sia una conferma dell'incarico bensì si passi sempre attraverso una nuova selezione al fine di procedere ad una valutazione di tutti i candidati per assegnare l'incarico solo al migliore di essi.
Le procedure di selezione dei dirigenti sono state dunque disegnate nella consapevolezza che il «mestiere di dirigente» non può essere improvvisato e non deve essere appreso solo «sul campo», come per molti anni è avvenuto, ma attraverso momenti di un impegno organizzativo, e che tale mestiere, pur partecipando della natura giudiziaria delle funzioni, ha peculiarità che richiedono una preparazione di tipo attitudinale.
È stata così restituita al Consiglio superiore della magistratura la pienezza della valutazione sulle attitudini direttive, eliminando il pletorico sistema di concorsi e di commissioni esaminatrici e prevedendo che le valutazioni possano dispiegarsi soprattutto nella verifica delle pregresse esperienze organizzative, che si possono sostanziare sia nel precedente svolgimento di funzioni direttive o semidirettive sia nello stesso impegno di organizzazione del proprio ufficio, che caratterizza il ruolo di ciascun magistrato.
Sono stati poi predisposti strumenti di controllo da parte del Consiglio superiore della magistratura sullo svolgimento delle funzioni direttive, prevedendo specificamente che il Consiglio superiore della magistratura possa, se del caso, rimuovere dall'incarico il magistrato che abbia dato prova di inadeguatezze dirigenziali, superando scelte selettive del dirigente rivelatesi errate, anche prima della scadenza del termine a seguito di specifici controlli sulla gestione.
13. Altro punto oggetto di intervento è stato quello relativo alla temporaneità delle funzioni. La temporaneità nelle funzioni è un problema storico e scottante che ha visto prime controverse applicazioni fino ai primi anni Novanta. Alla fine di quegli anni il legislatore ha modificato l'articolo 7-bis, comma 2-ter, del regio decreto n. 12 del 1941, recante l'ordinamento giudiziario, ed è intervenuto in termini di temporaneità con malcelati intenti punitivi nei confronti dei giudici per le indagini preliminari (GIP) prevedendo una permanenza massima di sei anni. La norma, poi ampliata a dieci anni dallo
14. La riforma, inoltre, ha inteso dare piena attuazione al principio costituzionale secondo cui la magistratura è unica sia nel concorso di ammissione, sia nel tirocinio e nel ruolo di anzianità, e si distingue solo per le funzioni esercitate. È stato così abolito il sistema delle qualifiche in cui si articolava la carriera del magistrato, che non ha più corrispondenza nella realtà, e nel contempo è stato realizzato un sistema che sganci la progressione economica da quella delle funzioni (prefigurando una progressione economica condizionata esclusivamente dal superamento delle valutazioni di professionalità), soluzione che consente anche di stimolare la permanenza di magistrati esperti e specializzati nelle funzioni di primo grado. A tal fine si è agito sui tempi di verifica della professionalità, sui parametri attraverso i quali misurare il contenuto della professionalità, sulle fonti e sulle modalità di conoscenza per stabilire da dove e come attingere le informazioni utili da far confluire nella procedura di valutazione.
È stata prevista una costante formazione professionale, nei suoi diversi momenti, iniziale e permanente, e comunque obbligatoria in occasione della riconversione ad altra funzione, realizzata attraverso la «scuola della magistratura» per rendere la giurisdizione caratterizzata in ogni suo aspetto da quella dignità che la Costituzione le assegna. In attuazione delle citate sentenze della Corte costituzionale 10 maggio 1982, n. 86 e n. 87, è stato previsto che le funzioni di legittimità, per essere distinte nella Costituzione da quelle di merito, siano conferite non in base al criterio di anzianità, bensì mediante l'accertata sussistenza, oltre che degli altri criteri di professionalità, di specifiche attitudini ad esercitarle. Sono stati previsti interventi in caso di riscontrata inadeguatezza professionale del magistrato valutato con ripercussioni sulla progressione economica e, nelle ipotesi più gravi, sulla prosecuzione stessa del rapporto di impiego.
In questo contesto la differenziazione «interna» delle funzioni in giudicanti e requirenti, in funzioni di primo grado, di secondo grado e di legittimità, nonché in semidirettive, direttive, direttive superiori e direttive apicali, perde ogni connotazione
a) il passaggio può essere richiesto dopo almeno cinque anni di servizio in ciascuna funzione;
b) il passaggio può essere disposto, a seguito di frequenza di un corso di qualificazione professionale organizzato dal Consiglio superiore della magistratura, subordinatamente a un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore su parere del consiglio giudiziario; per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire il parere del presidente della corte d'appello o, rispettivamente, del procuratore generale della Repubblica presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti; il presidente della corte d'appello o il procuratore generale possono acquisire anche le valutazioni del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità; per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l'anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni periodiche. È prevista la richiesta facoltativa di osservazioni del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati da parte dei vertici del distretto ai fini della formulazione del loro parere.
Tali limitazioni non operano per il conferimento delle funzioni direttive giudicanti e requirenti di primo grado e per tutte quelle direttive di secondo grado che comportino il mutamento di funzioni da giudicante a requirente e viceversa in un diverso circondario dello stesso distretto di corte d'appello, e per il passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti e viceversa, comprese quelle direttive, presso la Corte di cassazione.
15. Il disegno di legge prevede una più completa e articolata procedimentalizzazione triennale della formulazione e dell'approvazione dei progetti organizzativi degli uffici di procura, compreso quello presso la Corte di cassazione, con la previsione dei pareri dei consigli giudiziari e del Comitato direttivo della Corte di cassazione, nonché della delibera finale del Consiglio superiore della magistratura e del decreto del Ministro della giustizia, su delibera conforme del Consiglio superiore, restituendo all'ufficio di procura un modello di ufficio organizzato in modo razionale.
16. Infine il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario con l'emanazione di un unico codice, nonché, entro un anno dalla data di entrata in vigore del citato codice, di un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario.
Il Governo è delegato altresì ad adottare, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, anche uno o più
17. Passando ora ad esaminare le singole disposizioni, si fa presente che il disegno di legge si compone di 9 articoli e di tre tabelle allegate.
L'articolo 1 apporta modifiche agli articoli da 1 a 9 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, recante la disciplina dell'accesso in magistratura. Nel comma 1 è stabilito che la parola «uditorato», termine fino ad oggi utilizzato per identificare il periodo posto tra il superamento del concorso di accesso e la presa di funzioni, sia sostituita con la parola «tirocinio».
Il comma 2, che sostituisce l'articolo 1 del decreto legislativo n. 160 del 2006, prevede che la nomina a magistrato ordinario si consegua mediante un concorso per esami. Il concorso sarà bandito con cadenza almeno annuale, in relazione ai posti vacanti e a quelli che si renderanno vacanti nel quadriennio successivo. Il concorso per esami è stato configurato sostanzialmente come concorso di secondo grado e vi sono ammessi (comma 3 dell'articolo in esame) candidati, che non siano incorsi in sanzioni disciplinari, appartenenti alle seguenti categorie:
1) procuratori dello Stato;
2) dipendenti dello Stato, muniti della laurea in giurisprudenza, con qualifica dirigenziale o appartenenti ad una delle posizioni dell'area C prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro-comparto Ministeri, con almeno cinque anni di anzianità anche complessiva nella qualifica posseduta;
3) personale di ruolo delle università docente nelle cattedre di materie giuridiche in possesso di laurea in giurisprudenza;
4) dipendenti della pubblica amministrazione, degli enti pubblici a carattere nazionale e degli enti locali, muniti della laurea in giurisprudenza, con qualifica dirigenziale (o appartenenti all'ex area direttiva) che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso nel quale era richiesto il possesso del titolo di laurea e che abbiano maturato nelle predette carriere almeno cinque anni di anzianità;
5) avvocati iscritti all'albo che hanno esercitato la professione per almeno tre anni;
6) giudici di pace, giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari che abbiano completato almeno il primo incarico e siano stati confermati dal Consiglio superiore della magistratura a seguito di valutazione positiva della attività svolta;
7) laureati che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e hanno conseguito il diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398;
8) per consentire l'accesso in magistratura ai laureati più meritevoli, è previsto che possano partecipare al concorso per esami coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, ovvero la laurea magistrale, con il nuovo ordinamento universitario, con un corso di durata quinquennale riportando una votazione media complessiva degli esami sostenuti pari ad almeno 28/30, e un punteggio di laurea finale pari ad almeno 107/110.
18. Il concorso per esami (comma 2 del nuovo articolo 1 del decreto legislativo n. 160 del 2006) si articola su prove scritte, effettuate con le procedure previste per garantire l'anonimato dei concorrenti (articolo 8 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860) e orali. La prova scritta consiste nello svolgimento di tre elaborati teorici vertenti su diritto civile, penale e amministrativo e di uno pratico, quest'ultimo su una materia scelta dalla commissione, attraverso l'estrazione a sorte operata la mattina della prova, consistente nella redazione di un provvedimento in materia di diritto e procedura civile ovvero di diritto e procedura penale. Sono poi indicati (comma 4) le materie su cui verte la prova orale e i criteri per individuare il superamento della prova (comma 5). Il candidato dovrà indicare nella domanda una lingua straniera sulla quale verterà un esame orale.
Nulla è innovato quanto agli specifici requisiti necessari per la copertura dei posti di magistrato nella provincia di Bolzano; per partecipare ai concorsi per l'accesso in magistratura nella provincia di Bolzano i candidati dovranno indicare una lingua straniera diversa rispetto a quella obbligatoria per il conseguimento dell'impiego (comma 7).
Quali ulteriori requisiti per l'accesso è richiesto che il candidato sia di condotta incensurabile e (riproducendo una disposizione già presente nell'attuale normativa) che non sia stato dichiarato non idoneo per tre volte in precedenti concorsi per l'accesso alla magistratura.
Il comma 4 dell'articolo 1 del disegno di legge, oltre ad apportare modifiche al fine di coordinare il vigente testo dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 160 del 2006 (disposizioni contenute anche nel comma 5), prevede che il concorso per l'accesso alla magistratura si svolga con cadenza almeno annuale nelle sedi stabilite nel decreto che indice il concorso, ferma restando la disposizione che ove la prova abbia luogo contemporaneamente in più sedi la commissione esaminatrice espleterà presso una di esse, individuata con decreto ministeriale, le operazioni di scelta e di sorteggio delle prove. Nelle altre sedi le funzioni della commissione, per il regolare espletamento della prova, saranno attribuite a un comitato di vigilanza.
19. È stato ridisciplinato (comma 6 dell'articolo 1 del disegno di legge, che apporta modifiche all'articolo 5 del decreto legislativo n. 160 del 2006) il funzionamento della commissione esaminatrice in un'ottica di maggiore funzionalità. La commissione del concorso per esami è composta da un presidente e da venti magistrati e otto professori universitari. Per garantire la rapida conclusione delle prove, è previsto l'esonero dalle funzioni giudiziarie per il tempo necessario all'espletamento delle stesse. Finalità acceleratorie ha la previsione della formazione di due sottocommissioni (suddivise in quattro collegi), nell'ipotesi in cui siano più di trecento i candidati che abbiano portato a termine le prove scritte (articolo 1, comma 6). Al fine di garantire omogeneità nei criteri di valutazione delle prove, è previsto che la commissione definisca i criteri per la valutazione degli elaborati scritti prima della loro correzione. Per le modalità di svolgimento delle prove scritte e orali sono richiamate le norme del citato regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860.
I commi 7, 8 e 9 dell'articolo 1 del disegno di legge contengono disposizioni di coordinamento del testo di legge emendato con la nuova disciplina. L'ultima parte del comma 9, alla lettera c), prevede che con il conseguimento della prima valutazione di professionalità, decorsi quattro anni dalla data della nomina con giudizio positivo sull'attività svolta, si venga abilitati all'esercizio della professione di avvocato, mentre con il conseguimento della quarta valutazione di professionalità si consegua l'abilitazione al patrocinio innanzi alle magistrature superiori.
20. L'articolo 2 del disegno di legge sostituisce gli articoli 10, 11, 12, 13, 35, 45, 46, 51 e 52, modifica gli articoli 19 e 36, e introduce l'articolo 34-bis del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, in materia di progressione economica e di funzioni
21. L'articolo 3 del testo in esame apporta modificazioni al decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, istitutivo della Scuola superiore della magistratura.
22. L'articolo 4 del presente disegno di legge apporta modifiche al decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, concernente l'istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e la composizione dei consigli giudiziari.
Il comma 1, che sostituisce l'articolo 1 del citato decreto legislativo, prevede che venga istituito il Consiglio direttivo della Corte di cassazione; modifiche sono invece previste quanto alla composizione dell'organo che avrà come suoi membri il primo Presidente, il Procuratore generale presso la stessa Corte, otto magistrati, eletti da tutti e tra tutti i magistrati in servizio presso la Corte di cassazione e presso la Procura generale, compresi i magistrati di tribunale destinati all'Ufficio del massimario e del ruolo, due professori universitari ordinari in materie giuridiche, nominati dal Consiglio universitario nazionale, e due avvocati con almeno venti anni di effettivo esercizio della professione, nominati dal Consiglio nazionale forense. È stata eliminata la figura dei supplenti (articolo 4, comma 2), nonché del vice presidente (articolo 4, comma 3). Sono state disciplinate (articolo 4, comma 4) le modalità di presentazione delle liste e quelle per le elezioni dei componenti togati. Sono state altresì disciplinate le modalità dell'assegnazione dei seggi con l'introduzione del sistema proporzionale con liste contrapposte. Le competenze del Consiglio direttivo sono state in parte modificate dal comma 5, attribuendo a tale organo, oltre alle competenze già indicate nell'articolo 7 del decreto legislativo n. 25 del 2006, anche la competenza sulla formulazione del
23. Con il testo dell'articolo 5 il presente disegno di legge apporta modifiche agli articoli 1, 2, 3, 8 e 9, sostituisce gli articoli 4 e 7 e abroga l'articolo 5 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, recante norme sulla individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonché sul decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della giustizia. Le modificazioni recate agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, precisano i compiti e le funzioni attribuiti, rispettivamente, al magistrato capo dell'ufficio giudiziario e al dirigente amministrativo presso il medesimo ufficio. La puntuale ricognizione dei compiti attribuiti ha, da un canto, lo scopo di chiarire gli ambiti di competenza spettanti a ciascuno di essi, al fine di evitare possibili sovrapposizioni o conflitti e, dall'altro, di garantire la direzione unitaria dell'ufficio giudiziario, nella persona del suo capo, anche riguardo all'attività di amministrazione dei servizi strumentali rispetto all'esercizio della giurisdizione. In tale ottica, si chiarisce che il dirigente amministrativo dirige un'articolazione di esso, costituita dalle cancellerie e segreterie giudiziarie, posto che l'articolo 1 attribuisce la titolarità dell'ufficio giudiziario, nel suo complesso, al magistrato nominato capo dello stesso, che è competente per l'adozione di tutti gli atti che impegnano l'ufficio verso l'esterno.
Il comma 1 dell'articolo 5, inserendo due commi all'articolo 1 del decreto legislativo n. 240 del 2006, individua i compiti del magistrato capo dell'ufficio giudiziario che lo dirige, attraverso l'adozione degli atti relativi all'organizzazione interna, alla distribuzione del lavoro, alla vigilanza sul comportamento deontologico dei magistrati, alla formulazione di proposte all'amministrazione centrale, al controllo dell'andamento generale dell'ufficio. È previsto che, almeno una volta l'anno, il capo dell'ufficio, insieme con il dirigente amministrativo e con i magistrati titolari di funzioni semidirettive, consulti i magistrati in servizio e i funzionari preposti alle cancellerie e alle segreterie giudiziarie per elaborare il programma dell'attività, consultando altresì il Consiglio dell'ordine forense e le rappresentanze sindacali unitarie per illustrare il progetto di organizzazione dell'ufficio. Il comma 2 prevede che il dirigente amministrativo è il responsabile della gestione del personale amministrativo attuata in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell'ufficio e con il programma annuale. È prevista, con l'introduzione del comma 2-bis dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 240 del 2006, l'emanazione, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di un regolamento per la razionalizzazione della determinazione dei posti di dirigenti di seconda fascia, anche attraverso l'istituzione di un unico posto per più uffici giudiziari, nel rispetto della dotazione organica complessiva.
Viene inoltre sostituito, al comma 4, l'articolo 4 del decreto legislativo n. 240 del 2006, e fissato il termine del 30 giugno di ciascun anno, entro il quale i titolari degli uffici giudiziari dovranno elaborare, acquisite le valutazioni dei magistrati titolari di incarichi semidirettivi e del dirigente amministrativo, il programma delle attività annuali. La trasmissione del programma al Ministero della giustizia consentirà al Ministro di quantificare preventivamente gli oneri finanziari relativi agli
24. L'articolo 6 del presente disegno di legge contiene disposizioni varie tese a riformulare articoli dell'ordinamento giudiziario per renderli omogenei con la nuova disciplina, a dettare regole per la disciplina transitoria, a disciplinare l'abrogazione di norme incompatibili, a dettare specifici interventi sulla composizione del Consiglio superiore della magistratura, sulla segreteria e sull'Ufficio studi dell'organo di autogoverno, oltre a prevedere specifici interventi relativamente alla magistratura militare e a individuare, infine, il numero di laureati da ammettere alle scuole di specializzazione.
Il comma 1 dell'articolo 6, modificando l'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, contenente norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, prevede una diversa disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati componenti elettivi dell'organo di autogoverno della magistratura, confermando la disposizione già presente che prevedeva il rientro in ruolo dei magistrati, anche in soprannumero, nella sede di provenienza e nelle funzioni precedentemente esercitate, e prevedendo che qualora i magistrati componenti del Consiglio superiore della magistratura esercitassero, all'atto del collocamento fuori ruolo, funzioni direttive o semidirettive e il
25. È previsto (articolo 6, comma 14) che il magistrato abbia l'obbligo di fissare il proprio domicilio nel comune dove ha sede l'ufficio giudiziario presso il quale esercita le funzioni o comunque ad una distanza non superiore a 40 chilometri dal centro della città in cui ha sede l'ufficio, ed è fatta salva la possibilità di ottenere l'autorizzazione a fissare il domicilio anche ad una distanza maggiore dalla sede a condizione che non vi sia pregiudizio per il servizio.
Il comma 15 dell'articolo 6 sostituisce nel comma 1 dell'articolo 46 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, le parole: «può essere» con le parole: «è normalmente» e nel comma 2 la parola: «biennalmente» con la parola: «triennalmente». Il comma 16 detta disposizioni ai fini del coordinamento tra le norme.
26. Il ruolo del procuratore aggiunto è descritto nel comma 17 dell'articolo 6 che, modificando l'articolo 70 dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, prevede che il procuratore aggiunto, oltre a svolgere l'ordinario lavoro giudiziario, coordina il gruppo di lavoro cui è assegnato e, in particolare, sorveglia l'andamento dei servizi delle segreterie e degli ausiliari, vigila sull'attività dei sostituti, curando anche lo scambio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali all'interno del gruppo di lavoro; collabora con il procuratore della Repubblica nell'attività di direzione dell'ufficio. Al procuratore aggiunto, con le tabelle formate ai sensi dell'articolo 7-ter del medesimo regio decreto, può essere attribuito l'incarico di coordinare più gruppi di lavoro che trattano materie omogenee, ovvero di coordinare uno o più settori di attività dell'ufficio.
I commi 18, 19, 20 e 21 dell'articolo 6 armonizzano le disposizioni del regio decreto n. 12 del 1941 con quelle della legge. Il comma 20 dispone che la destinazione dei magistrati ordinari al termine del tirocinio è operata con decreto del Ministro della giustizia previa delibera conforme del Consiglio superiore della magistratura. Il comma 21 detta, come si è esposto, disposizioni di coordinamento quanto al trattamento economico dovuto rispetto alle nuove regole sulla progressione in carriera.
27. Per l'assegnazione delle sedi per tramutamento ai sensi dell'articolo 192 dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è stato previsto (comma 22 dell'articolo 6) che l'individuazione dei posti vacanti da ricoprire presso gli uffici giudiziari sia operata dal Consiglio superiore della magistratura con delibera trasmessa agli uffici giudiziari e al Ministero della giustizia, per tutti i magistrati, anche per quelli fuori del ruolo organico. Nella delibera è indicata la data
28. I commi dal 24 al 26 sostituiscono il capo X del titolo V (articoli da 196 a 200) del regio decreto n. 12 del 1941 dettando regole per il collocamento fuori ruolo e il ricollocamento in ruolo dei magistrati ordinari.
Il nuovo testo dell'articolo 196 del regio decreto n. 12 del 1941 prevede che i magistrati possono essere collocati fuori ruolo per ricoprire incarichi elettivi o funzioni diverse da quelle giudiziarie nei casi previsti dalle leggi, entro il numero massimo di 230 unità. Il collocamento fuori ruolo è adottato con decreto del Ministro della giustizia, su conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura. Nel numero dei magistrati collocati fuori ruolo non viene computato il numero dei magistrati eletti e in servizio presso il Consiglio superiore della magistratura e presso la Corte costituzionale, nonché di quelli destinati presso organi o istituzioni di carattere internazionale. Quanto al ricollocamento in ruolo, l'articolo 196-bis prevede che il collocamento fuori ruolo non può superare il periodo massimo complessivo di dieci anni con esclusione del periodo di aspettativa per mandato elettivo e fatta eccezione per gli incarichi apicali di diretta collaborazione. Conformemente alla deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, adottata nella fase transitoria di vigenza dei decreti legislativi di attuazione della legge delega 25 luglio 2005, n. 150, il periodo trascorso fuori ruolo, antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge, non verrà computato. È stato stabilito, altresì, che non possono essere collocati fuori del ruolo organico della magistratura i magistrati che non abbiano conseguito la seconda valutazione di professionalità e che il periodo trascorso dal magistrato fuori del ruolo organico è equiparato all'esercizio delle ultime funzioni giudiziarie o giurisdizionali svolte. Sono state inoltre previste specifiche modalità per il rientro in ruolo:
a) per i magistrati in aspettativa per mandato elettivo, per i quali è previsto il ricollocamento in ruolo mediante concorso virtuale in una sede vacante appartenente a un distretto sito in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte, era ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto, con l'unica eccezione di funzioni precedentemente svolte presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia;
b) per i magistrati collocati fuori ruolo da meno di tre anni che non ricoprivano incarichi semidirettivi o direttivi, per i quali è previsto il rientro nella sede occupata prima del collocamento fuori ruolo, anche in soprannumero da riassorbire con la prima vacanza;
c) per i magistrati collocati fuori ruolo da più di tre anni che non ricoprivano incarichi semidirettivi o direttivi, per i quali è previsto o il collocamento nella sede precedentemente occupata o il concorso virtuale;
d) per i magistrati che ricoprivano incarichi direttivi o semidirettivi, che rientreranno in ruolo mediante concorso virtuale in un ufficio giudiziario con funzioni né semidirettive né direttive né di legittimità, anche in soprannumero da riassorbire con la prima vacanza.
Il concorso virtuale, fuori dai casi previsti, non è consentito per il tramutamento di sede, salvo nel caso di gravi e comprovate ragioni di salute o di sicurezza o di servizio, o nel caso in cui non sia possibile l'assegnazione di sede entro due mesi dalla messa a disposizione o dalla richiesta di ricollocamento in ruolo.
Il comma 26 sostituisce l'articolo 199 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, relativo alla disciplina applicabile ai magistrati addetti al Ministero della giustizia. Il nuovo articolo 199 dispone che le norme dell'ordinamento del citato dicastero ne determinano il numero e le attribuzioni.
Il comma 27 dell'articolo 6 adegua il testo dell'articolo 201 del regio decreto n. 12 del 1941 alle nuove disposizioni.
I commi 28 e 29 dell'articolo 6 modificano la legge 4 maggio 1998, n. 133, relativa agli incentivi ai magistrati trasferiti in sedi disagiate, abrogando la disposizione che prevedeva il diritto, in caso di trasferimento a domanda, ad essere preferito a tutti gli altri aspiranti ove la permanenza in servizio presso la sede disagiata fosse stata superiore ai cinque anni. Per ragioni di equità, in conformità alla disciplina secondaria dettata dal Consiglio superiore della magistratura, è stato previsto che la disposizione di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 4 maggio 1998, n. 133, continui ad applicarsi nei confronti dei magistrati assegnati a sedi disagiate prima della data di entrata in vigore della legge.
29. I commi da 30 a 35 dell'articolo 6 modificano la legge 24 marzo 1958, n. 195, istitutiva del Consiglio superiore della magistratura. È aumentato il numero dei componenti dell'organo di autogoverno della magistratura elevandolo a venti, dagli attuali sedici, per i componenti togati, e a dieci, dagli attuali otto, per i componenti laici (comma 30 dell'articolo 6). Sono state modificate le norme che prevedevano la composizione della segreteria e dell'ufficio studi costituiti presso il Consiglio superiore della magistratura. La nuova disciplina ha modificato (comma 31 dell'articolo 6, che sostituisce l'articolo 7 della legge n. 195 del 1958) la composizione della segreteria prevedendo la presenza di sedici magistrati nominati dal Consiglio superiore della magistratura, posti fuori del ruolo organico della magistratura per un periodo non superiore a sei anni. È prevista la nomina del segretario generale, che dirige la segreteria coadiuvato dal vice segretario. Anche per l'Ufficio studi e contenzioso (comma 32 dell'articolo 6, che sostituisce l'articolo 7-bis della legge n. 195 del 1958), al quale sono attribuiti compiti di studio, ricerca, documentazione e predisposizione degli atti relativi al contenzioso, è stata prevista la presenza di otto magistrati in luogo dei funzionari. Quanto alla predisposizione delle tabelle degli uffici giudiziari è stato stabilito (comma 34 dell'articolo 6) che le stesse siano elaborate ogni triennio e non ogni biennio come nel passato. Il comma 33 dell'articolo in esame detta disposizioni di coordinamento.
In considerazione delle aumentate attività dell'organo di autogoverno della magistratura, con il comma 35 dell'articolo 6 il Consiglio superiore della magistratura è autorizzato ad avvalersi di tredici unità di personale amministrativo dipendente dalla pubblica amministrazione in posizione di comando, con l'esplicita previsione che non vi saranno nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato né saranno superati i limiti della dotazione finanziaria dello stesso Consiglio.
30. Il comma 36 dell'articolo 6 indica i criteri per individuare il numero di magistrati collocabili fuori ruolo, precisando
31. Il comma 37 dell'articolo 6 sopprime il riferimento alla lettera i) del comma 1 dell'articolo 2, contenuto nel comma 2 del medesimo articolo del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in materia di disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, per coordinare la norma alla modifica intervenuta con la legge 24 ottobre 2006, n. 269, che aveva abrogato tale lettera nel comma 1 dello stesso articolo.
È previsto (comma 38 dell'articolo 6) che al magistrato sospeso dal servizio sia corrisposto un assegno alimentare di importo compreso tra un terzo e due terzi dello stipendio percepito, somma determinata tenendo conto del nucleo familiare e dell'entità della retribuzione.
I commi dal 39 al 43 introducono marginali modifiche al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 che disciplina gli illeciti disciplinari dei magistrati, come (comma 39 dell'articolo 6) l'abrogazione, nell'articolo 12, comma 1, della legge citata, della lettera f), che prevede l'applicazione della sanzione disciplinare nel caso di «perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia», al fine di operare una rettifica meramente formale in conseguenza dell'avvenuta abrogazione della relativa ipotesi e constatando che solo per un difetto di coordinamento è rimasta la relativa lettera in un richiamo operato in una diversa norma. Nell'articolo 14 di tale legge, viene chiarito (comma 40 dell'articolo 6) che il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare entro un anno dalla notizia del fatto, mentre nella originaria formulazione in tale norma non era specificamente previsto alcun termine, peraltro ricostruibile in sede interpretativa e indicato solo nel successivo articolo 15. Nel comma 41 dell'articolo 6, relativo ai termini dell'azione disciplinare, è fatta salva l'ipotesi in cui l'azione disciplinare debba essere estesa ad altri fatti nel corso delle indagini. Con la modifica dell'articolo 18, comma 3, lettera c), del decreto legislativo n. 109 del 2006 (comma 42 dell'articolo 6) è soppressa la parte che permetteva alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura di consentire l'esibizione di documenti da parte del delegato del Ministro della giustizia, essendo stata soppressa la relativa figura in tutte le altre disposizioni. Con la modifica dell'articolo 24 (comma 43 dell'articolo 6) è previsto che contro i provvedimenti in materia di sospensione e contro le sentenze della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa essere proposto ricorso per cassazione nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura civile, più coerentemente rispetto a quanto prima indicato, trattandosi di provvedimenti disciplinari, con le forme del codice di procedura penale.
32. Il comma 44 dell'articolo 6 sostituisce il primo comma dell'articolo 2 del regio decreto n. 511 del 1946 in modo da adeguarne il contenuto alle nuove disposizioni, prevedendo che i magistrati cui siano state conferite le funzioni non possono essere trasferiti o destinati ad altre funzioni se non con il loro consenso.
I commi 45 e 46 contengono modifiche alla legge 13 febbraio 2001, n. 48, in materia di compiti e destinazione alle funzioni dei magistrati distrettuali, prevedendo l'introduzione di ulteriori ipotesi di utilizzazione dei magistrati distrettuali quando vi sia assenza del magistrato titolare esonerato dalle funzioni giudiziarie perché membro delle commissioni di concorso per l'accesso in magistratura e quando si realizzi una vacanza del posto da più di tre mesi senza che sia stata attivata la procedura di copertura, stabilendo che non si procede alla copertura dei posti vacanti destinati ai magistrati distrettuali quando i posti vacanti complessivamente esistenti negli organici degli uffici del distretto eccedono il 15 per cento.
33. Il comma 47 conferma la previsione contenuta nell'articolo 1 della legge 7 maggio
34. Il comma 50 adegua le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, recante norme in materia di accesso al pubblico impiego nella provincia di Bolzano, al presente intervento normativo.
Il comma 51 modifica la tabella A allegata alla legge 18 dicembre 1973, n. 836, sostituendo le originarie denominazioni delle funzioni dei magistrati ordinari e militari con le nuove che fanno riferimento alle diverse valutazioni di professionalità.
Il comma 52 dell'articolo 6 dispone che si applica al personale della magistratura ordinaria e militare, dal conseguimento della seconda valutazione di professionalità in poi, l'articolo 1, comma 468, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).
È prevista l'abrogazione di alcune norme già riconosciute incompatibili, come dettagliatamente indicato nel comma 53 dell'articolo 6.
35. Fermo restando che il fuori ruolo non crea disponibilità di nuovi posti nell'organico della magistratura, il comma 54 stabilisce che le disposizioni della legge, che prevedono ipotesi di collocamento fuori ruolo di magistrati, non devono comunque comportare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Il comma 55 dell'articolo 6 prevede che i magistrati ordinari transitati nelle magistrature speciali (amministrativa, contabile) possono, a domanda, essere riammessi nella magistratura ordinaria con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera conforme del Consiglio superiore della magistratura, e sono inquadrati agli effetti della valutazione di professionalità tenendo conto anche del servizio maturato nelle altre magistrature.
Il comma 56 dell'articolo 6 prevede la possibilità di istituire o di sopprimere posti negli uffici giudiziari con decreto del Ministro della giustizia sentito il Consiglio superiore della magistratura, nel rispetto dei limiti della dotazione organica complessiva. Ovviamente tale facoltà non si estende ai posti relativi alle funzioni direttive superiori o apicali di legittimità, per i quali l'attribuzione del posto e della relativa funzione comporta l'attribuzione di uno specifico trattamento economico, per la cui modifica è necessario il ricorso allo strumento legislativo determinando anche un problema di copertura finanziaria.
Il comma 57 sostituisce la tabella B allegata alla legge 5 marzo 1991, n. 71, e successive modificazioni, con una nuova tabella, allegata al presente disegno di legge, relativa al ruolo organico della magistratura determinato con riferimento esclusivo alle funzioni individuate con il presente intervento normativo e senza alcuna
36. L'articolo 7 delega il Governo ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi compilativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario emanando un codice nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di adeguamento delle norme alle nuove disposizioni, di armonizzazione e coordinamento delle stesse e di espressa abrogazione di quelle incompatibili. Inoltre il Governo dovrà adottare (comma 3), entro un anno dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi di riassetto della materia, un codice delle disposizioni regolamentari in tema di ordinamento giudiziario.
Il comma 4 delega il Governo ad adottare, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario militare, adeguandole alle disposizioni contenute nella stessa legge, tenendo conto della specificità e delle esigenze organizzative della giustizia militare.
Il comma 5 contiene la clausola di invarianza della spesa relativamente all'adozione dei decreti legislativi delegati di cui al comma 4.
Il comma 6 introduce una delega, da esercitare entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, finalizzata a riorganizzare la presenza degli uffici giudiziari militari sul territorio in conseguenza delle modificazioni intervenute nella domanda di giustizia militare per effetto dell'avvenuta sospensione della leva e della contestuale professionalizzazione della struttura militare, nel rispetto dell'attuale quadro costituzionale dettato dall'articolo 103 della Costituzione.
Per l'articolo 8 relativo alla copertura finanziaria si rimanda alla relazione tecnica allegata.
L'articolo 9 disciplina l'entrata in vigore della legge, il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.